mercoledì 15 maggio 2024

SMART OBJECTS E SCHIAVITÙ DIGITALE

 

Se il servizio è gratis, il prodotto sei tu! Benvenuti nelle nuove gabbie: dove le masse di plebei straccioni sono neo-schiavi, spremuti come arance mature dal mercato digitale, imprigionati dentro ai “feudi immateriali” dei signori delle big tech.

Ma con l’arrivo dei sistemi IOT (smart objects) nelle nostre case il dominio dei signori del silicio si espande ancora, adesso non solo capitale e lavoro vengono erosi dai signori dell’informazione, non solo i cittadini-consumatori sono ridotti a flussi di dati commerciabili e soggetti al capitalismo della sorveglianza, adesso, con l’avvento degli oggetti intelligenti non saremo neanche più proprietari dei beni di consumo che acquistiamo.

Nell’epoca del capitalismo immateriale, il software comanda l’hardware, chi governa il software gestisce l’hardware, perciò gli smart objects che acquistiamo compresi veicoli elettrici, elettrodomestici, intelligenti ecc. ecc. non sono di “nostra proprietà” almeno nel senso tradizionale del termine. Spieghiamoci bene. Scrive Quintarelli:

«Nel 2015 John Deere, il più grande produttore mondiale di trattori (quelli verdi), in un documento indirizzato all’ufficio statunitense del copyright ha sostenuto che gli agricoltori non possiedono più i loro trattori, almeno non in senso tradizionale. Il motivo è che il software è una componente essenziale dei trattori moderni e riguarda ogni aspetto del loro funzionamento; questo software però non è di proprietà degli agricoltori, che ne hanno solo una licenza d’uso, nel momento in cui acquistano il il trattore, che dal punto di vista del produttore è una specie di grosso robot a comando umano. Sempre nel 2015 la General Motors ha sostenuto che le sue auto sono reti informatiche mobili del cui software essa mantiene i diritti, che concede in licenza d’uso a chi acquista(a questo punto un termine improprio) un’automobile.»*

Come abbiamo spiegato gli “oggetti smart “che acquistiamo non sono “nostri”, ma ce ne viene concesso l’uso. Perciò paghiamo per qualcosa che non ci appartiene e che non è di nostro dominio e sotto il nostro dominio, perdiamo così capacità decisionale (questi oggetti funzionano e “comunicano-tra-loro indipendentemente da noi) e paghiamo per dei beni che invece di essere sotto il nostro dominio, dominano le nostre vite, scelgono per noi e funzionano come ed in base a quel che decide il proprietario del software.

Spiega Quintarelli: «Le persone sono abituate a guardare ai prodotti e ai servizi secondo la loro dimensione visibile, cioè quella materiale. Si fa una certa fatica a notare che la componente di valore della loro dimensione immateriale, sta costantemente aumentando, tendendo a costituire il maggiore fattore di differenziazione e la maggior fonte di valore aggiunto - e conseguentemente la maggior fonte di valore aggiunto - e conseguentemente la maggior fonte di limitazione dei diritti degli utenti, non più pari a quelli intrinseci del materiale.»*

Quindi andiamo verso un’ulteriore perdita di sovranità, di libertà, di diritti, di autonomia, di privacy. Pian pianino tutto ciò viene eroso, le nostre vite, le nostre stesse identità diventano digitali perciò diventano dati gestibili dall’esterno. 

Noi esistiamo se siamo inseriti nel sistema dei database e delle piattaforme immateriali e se chi gestisce tali sistemi concede a noi di accedere al nostro doppione digitale con cui siamo loggati sulla Rete, ma possiamo venire depennati e disabilitati con un click in ogni dove e quando esattamente come gli smart objects che ci vengono dati in concessione possono smettere di funzionare o possono funzionare indipendentemente dalle nostre scelte come e quando decide il proprietario del software che concede il proprio oggetto in utilizzo a noi schiavi digitali.

Se il veicolo automobilistico intelligente che abbiamo acquistato rileva un problema siamo costretti a portarlo dal meccanico o da chicchessia e se non lo portiamo, anche se il veicolo funziona ed il danno è innocuo, il software può decidere di bloccare il veicolo e noi non possiamo più utilizzarlo. 

Non siano più padroni nemmeno di ciò che paghiamo di tasca nostra. Tutta questa situazione in cui la dimensione immateriale logora, erode e sostituisce la dimensione materiale rendendola strettamente dipendente e subordinata ad essa segna la nascita e lo sviluppo di quelli che non sono altro che feudi digitali.

di Francesco Centineo

*Stefano Quintarelli Capitalismo Immateriale edito Bollati Boringhieri cit. pag. 32; pag. 33
**Stefano Quintarelli Capitalismo Immateriale edito Bollati Boringhieri cit. pag. 35

Fonte: sfero

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