
Se il servizio è gratis, il prodotto sei tu! Benvenuti nelle nuove
gabbie: dove le masse di plebei straccioni sono neo-schiavi, spremuti
come arance mature dal mercato digitale, imprigionati dentro ai “feudi
immateriali” dei signori delle big tech.
Ma con l’arrivo dei
sistemi IOT (smart objects) nelle nostre case il dominio dei signori del
silicio si espande ancora, adesso non solo capitale e lavoro vengono
erosi dai signori dell’informazione, non solo i cittadini-consumatori
sono ridotti a flussi di dati commerciabili e soggetti al capitalismo
della sorveglianza, adesso, con l’avvento degli oggetti intelligenti non
saremo neanche più proprietari dei beni di consumo che acquistiamo.
Nell’epoca
del capitalismo immateriale, il software comanda l’hardware, chi
governa il software gestisce l’hardware, perciò gli smart objects che
acquistiamo compresi veicoli elettrici, elettrodomestici, intelligenti
ecc. ecc. non sono di “nostra proprietà” almeno nel senso tradizionale
del termine. Spieghiamoci bene. Scrive Quintarelli:
«Nel 2015
John Deere, il più grande produttore mondiale di trattori (quelli
verdi), in un documento indirizzato all’ufficio statunitense del
copyright ha sostenuto che gli agricoltori non possiedono più i loro
trattori, almeno non in senso tradizionale. Il motivo è che il software è
una componente essenziale dei trattori moderni e riguarda ogni aspetto
del loro funzionamento; questo software però non è di proprietà degli
agricoltori, che ne hanno solo una licenza d’uso, nel momento in cui
acquistano il il trattore, che dal punto di vista del produttore è una
specie di grosso robot a comando umano. Sempre nel 2015 la General
Motors ha sostenuto che le sue auto sono reti informatiche mobili del
cui software essa mantiene i diritti, che concede in licenza d’uso a chi
acquista(a questo punto un termine improprio) un’automobile.»*
Come
abbiamo spiegato gli “oggetti smart “che acquistiamo non sono “nostri”,
ma ce ne viene concesso l’uso. Perciò paghiamo per qualcosa che non ci
appartiene e che non è di nostro dominio e sotto il nostro dominio,
perdiamo così capacità decisionale (questi oggetti funzionano e
“comunicano-tra-loro indipendentemente da noi) e paghiamo per dei beni
che invece di essere sotto il nostro dominio, dominano le nostre vite,
scelgono per noi e funzionano come ed in base a quel che decide il
proprietario del software.
Spiega Quintarelli: «Le persone sono
abituate a guardare ai prodotti e ai servizi secondo la loro dimensione
visibile, cioè quella materiale. Si fa una certa fatica a notare che la
componente di valore della loro dimensione immateriale, sta
costantemente aumentando, tendendo a costituire il maggiore fattore di
differenziazione e la maggior fonte di valore aggiunto - e
conseguentemente la maggior fonte di valore aggiunto - e
conseguentemente la maggior fonte di limitazione dei diritti degli
utenti, non più pari a quelli intrinseci del materiale.»*
Quindi
andiamo verso un’ulteriore perdita di sovranità, di libertà, di diritti,
di autonomia, di privacy. Pian pianino tutto ciò viene eroso, le nostre
vite, le nostre stesse identità diventano digitali perciò diventano
dati gestibili dall’esterno.
Noi esistiamo se siamo inseriti nel
sistema dei database e delle piattaforme immateriali e se chi gestisce
tali sistemi concede a noi di accedere al nostro doppione digitale con
cui siamo loggati sulla Rete, ma possiamo venire depennati e
disabilitati con un click in ogni dove e quando esattamente come gli
smart objects che ci vengono dati in concessione possono smettere di
funzionare o possono funzionare indipendentemente dalle nostre scelte
come e quando decide il proprietario del software che concede il proprio
oggetto in utilizzo a noi schiavi digitali.
Se il veicolo
automobilistico intelligente che abbiamo acquistato rileva un problema
siamo costretti a portarlo dal meccanico o da chicchessia e se non lo
portiamo, anche se il veicolo funziona ed il danno è innocuo, il
software può decidere di bloccare il veicolo e noi non possiamo più
utilizzarlo.
Non siano più padroni nemmeno di ciò che paghiamo di
tasca nostra. Tutta questa situazione in cui la dimensione immateriale
logora, erode e sostituisce la dimensione materiale rendendola
strettamente dipendente e subordinata ad essa segna la nascita e lo
sviluppo di quelli che non sono altro che feudi digitali.
di Francesco Centineo
*Stefano Quintarelli Capitalismo Immateriale edito Bollati Boringhieri cit. pag. 32; pag. 33
**Stefano Quintarelli Capitalismo Immateriale edito Bollati Boringhieri cit. pag. 35
Fonte: sfero