Siamo arrivati alla fase che
Bernard Stiegler ha definito «miseria
simbolica». Una condizione caratterizzata dal declassamento
cognitivo che, secondo Stiegler, può essere ricondotta al lancio del
web nel 1993. Questa condizione ha portato una nuova fase di
«proletarizzazione», che Stiegler definisce anche come un’era di
«stupidità simbolica» dovuta al «processo decisionale
automatizzato»*.
Che cosa sta succedendo ai nostri «cervelli»? Sta succedendo una
cosa alquanto preoccupante: «Internet ci rende stupidi».
Questa opinione non è frutto dei ragionamenti di quel «cretino»
di Francesco Centineo, ma è un’opinione che viene ormai
drammaticamente condivisa da tutti gli esperti di tecnologie
digitali: le tecnologie digitali nuocciono gravemente alla salute
mentale dell’individuo.
L’essere umano che si affida agli algoritmi rinuncia
all’esercizio del pensiero e della memoria, rifiuta l’apprendimento
e perciò smette di fare «conoscenza-del-mondo».
L’Homo Digitalis è un «tecno-cavernicolo» e la Caverna
digitale, con tutte le sue ombre, è la sua dimora… Lo
scrittore critico della tecnologia Nicholas Carr nel saggio Internet
ci rende stupidi? Come la Rete sta cambiando il nostro cervello
riprende gli studi di Marshall Mc Luhan sulle «tecnologie della
mente» (medium) e scrive:
«Ogni nuovo medium, come aveva ben compreso McLuhan, ci cambia
“La nostra reazione convenzionale a tutti i media secondo la quale
ciò che conta è il modo in cui vengono usati”, scriveva, “è
l’opaca posizione dell’idiota tecnologico.” Il contenuto di un
medium è “paragonabile a un succoso pezzo di carne con la quale un
ladro cerchi di distrarre il cane da guardia dello spirito”. Ma
nemmeno McLuhan avrebbe potuto prevedere un banchetto abbondante
quanto quello che Internet ha preparato per noi: una portata dopo
l’altra, ognuna più succulenta della precedente, e a malapena
abbiamo il tempo per prendere fiato tra un boccone e l’altro.
Quando i computer in Rete sono diventati piccoli come gli
iPhone e i Blackberry, il banchetto è diventato mobile, disponibile,
ovunque, in qualsiasi momento. É a casa nostra, nei nostri uffici,
in auto, nelle aule di scuola, nei portafogli, nelle tasche. Anche
chi è diffidente circa la crescente e ubiqua influenza della Rete
raramente si lascia condizionare nel proprio uso e godimento della
tecnologia. Il critico cinematografico David Thomson una volta
osservò che “i dubbi si affievoliscono davanti alla certezza del
medium.” Stava parlando del cinema e di come esso proietti
sensazioni e sensibilità non soltanto sullo schermo ma anche su noi
stessi, sul pubblico assorto e compiacente. La sua battuta si adatta
forse ancora meglio alla Rete. Lo schermo del computer dissipa i
nostri dubbi con i suoi vantaggi e le sue ricompense: è a tal punto
il nostro servitore che sembrerebbe ingeneroso osservare che è anche
il nostro padrone.»
Le GAFAM (le 5 maggiori multinazionali dell'IT occidentali:
Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) hanno costruito un
sistema perfetto, la Rete, all’interno del quale, attraverso un
sapiente uso degli strumenti tecnologici, gli esseri umani vengono
continuamente indirizzati, educati, manipolati ed impoveriti sia
economicamente che cognitivamente:
Confidiamo nei computer perché si prendano carico sempre di
più dei nostri compiti, sia nel lavoro sia nel tempo libero, e
perché ci guidino sempre più nelle nostre attività quotidiane.
Quando abbiamo bisogno che qualcosa venga fatto in giornata, il più
delle volte ci sediamo di fronte ad un monitor, o apriamo il nostro
portatile o lo smartphone, o ci fissiamo sulla fronte o al polso un
dispositivo connesso alla rete. Lanciamo app. Consultiamo schermi.
Riceviamo consigli da voci simulate digitalmente. Ci affidiamo alla
saggezza degli algoritmi.**
Tutto ciò ha un costo e questo costo è altissimo. Che ci piaccia
o no la Rete ci sta riprogrammando a sua immagine e somiglianza,
arrivando a plasmare la nostra stessa attività cerebrale.
Il costante utilizzo dei dispositivi digitali determina
nell’essere umano da un lato la perdita di contatto con il mondo
reale, perché inibisce le nostre capacità di organizzare e
comprendere la realtà (pensiamo all’utilizzo navigatore
satellitare ed al conseguente smarrimento del senso
dell’orientamento) e dall’altro - per colpa del bombardamento
informatico-comunicativo cui ci sottopongono tali dispositivi e
dell’uso distratto che tutti noi facciamo degli innumerevoli
frammenti di informazione che il sistema ci mette a disposizione -
finisce per farci perdere la capacità di concentrazione e di
ragionamento.
Concludiamo l’articolo con le sagge parole dello scrittore
Nicholas Carr:
È difficile resistere alle seduzioni della tecnologia e nella
nostra epoca dell’informazione istantanea i benefici della velocità
e dell’efficienza non sono nemmeno in discussione. Ma io continuo a
sperare che non ci lasceremo spingere senza alcuna resistenza nel
futuro che gli ingegneri elettronici e gli informatici stanno
progettando per noi. [...] Sarebbe molto triste se dovessimo
accettare senza discussioni l’idea che gli “elementi umani”
sono fuori moda e superflui specialmente se si tratta di alimentare
la mente dei nostri figli. [...] quando ci affidiamo ai computer
perché facciano da mediatori nella comprensione del mondo, è la
nostra stessa intelligenza che si appiattisce all’intelligenza
artificiale.**
Pubblicato il 12 maggio 2025
*Citazione tratta da «Le Paludi della Piattaforma» di Gert
Lovink
**Citazione tratta da «La Gabbia di «Vetro» di Nicholas Carr
*Joseph Weizenbaum è stato l’inventore di Eliza, il primo
chatbot della storia
**Citazione tratta da «La Gabbia di «Vetro» di Nicholas Carr